Il fumo e il fuoco sono la cifra di Jean Boghossian, già presente alla Biennale di Venezia del 2017, e ora protagonista alla galleria Il Ponte di Firenze
Lasciandosi trasportare dalla potenza distruttrice del fuoco e della seducente ambiguità del fumo, Jean Boghossian (Aleppo, 1949) rielabora pitture e creazioni in carta, fermandosi un attimo prima del limite estremo. Ma, questo il messaggio dell’artista, per la nostra tormentata epoca, dalle ceneri della distruzione, per paradosso, può rinascere una società migliore.
LA MOSTRA DI JEAN BOGHOSSIAN A FIRENZE
Anche se nel passato il fumo e il fuoco sono stati utilizzati, fra gli altri, anche da Klein, Burri e Arman, l’artista di origini armene è l’unico che abbia seguito questa sperimentazione con continuità, fino a farne elementi indissolubili dalla sua poetica espressiva. Sulle opere di Boghossian aleggia il persistente ricordo di ferite ancora aperte, ferite che provengono anche dalla tormentata storia del popolo armeno, tuttavia sempre capace di sopravvivere e tramandare la sua cultura. Allo stesso modo, la materia e il colore, “trattati” con il fumo e il fuoco, “arricchiti” di spazi vuoti, sembrano rievocare antichi riti sciamanici o procedimenti alchemici, non alla ricerca di favolose quanto inutili ricchezze, bensì come tante fenici di mitologica memoria, che si sublimano in un virtuoso messaggio di speranza.
‒ Niccolò Lucarelli
Smoke and fire are the hallmark of Jean Boghossian, already present at the 2017 Venice Biennale, and now a protagonist at Il Ponte gallery in Florence
Letting himself be carried away by the destructive power of fire and the seductive ambiguity of smoke, Jean Boghossian (Aleppo, 1949) reworks paintings and creations in paper, pausing a moment before the extreme limit. But, this the artist’s message, for our troubled age, from the ashes of destruction, paradoxically, a better society can be reborn.
JEAN BOGHOSSIAN’S EXHIBITION IN FLORENCE
Although smoke and fire have been used in the past by Klein, Burri and Arman, among others, the Armenian-born artist is the only one who has followed this experimentation with continuity, to the point of making them inseparable elements of his expressive poetics. On Boghossian’s works hovers the lingering memory of wounds that are still open, wounds that also come from the tormented history of the Armenian people, nevertheless always capable of surviving and handing down their culture. Similarly, the material and color, “treated” with smoke and fire, “enriched” with empty spaces, seem to evoke ancient shamanic rituals or alchemical procedures, not in search of fabulous as well as useless riches, but rather like so many phoenixes of mythological memory, sublimating into a virtuous message of hope.
– Niccolò Lucarelli
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